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La Pallavolo Gonzaga si stringe intorno a Mahjabin Hakimi

Orrore.

Non è possibile utilizzare altro termine per un atto disumano, così brutale e folle: decapitare una giovane donna perché desiderava solo vivere il nostro bellissimo sport, la pallavolo.

All’inizio del mese di Ottobre, il regime talebano ha condannato a morte la giovane pallavolista Mahjabin Hakimi (18 anni, di etnia hazara), una promessa del Kabul Municipality Volleyball Club e della nazionale giovanile di pallavolo afgana.

La ragazza è stata giustiziata a Kabul, nella piazza centrale della capitale dell’Afghanistan, con diversi colpi di arma da fuoco; poi è stata brutalmente decapitata ed i suoi resti sono stati esposti nella pubblica piazza.

L’immagine senza vita di “Jabin Jab“ (come si faceva chiamare Mahjabin Hakimi su Instagram) è stata pubblicata dal regime talebano sui social media afgani. I talebani hanno poi intimato ai familiari della vittima di non divulgare assolutamente la vicenda, pena lo sterminio dell’intera famiglia della ragazza.

La sua ex allenatrice (sotto lo pseudonimo di Suraya Afzali) ha denunciato come il governo abbia cercato di identificare tutte le atlete della pallavolo ed, in particolare, quelle della nazionale che in passato avevano partecipato ad eventi ed erano apparse in televisione.

Il team nazionale femminile afgano vantava due squadre, divise per fasce d’età (adulti e giovani) e composte complessivamente da 28 atlete, che avevano vinto diversi premi in gare e competizioni internazionali.

La notizia dell’esecuzione è stata riportata inizialmente dalle testate giornalistiche “The Times of India” e “Persian Independent“, ed è poi stata confermata a livello internazionale.

In Italia è stato Mauro Berruto, l’ex c.t. della nazionale di pallavolo italiana, a confermare l’accaduto nell’intervista di Federica Seneghini del Corriere della Sera.

D’Altronde, il portavoce ad interim della commissione del governo afgano, Ahmadullah Wasiq, in una intervista a settembre aveva già dichiarato che “i talebani giudicano inappropriato che le donne facciano sport, perché così facendo potrebbero trovarsi in situazioni in cui le loro facce e i loro corpi non sono coperti”.

Negli ultimi mesi, sia la Fifa che il governo del Qatar erano riusciti ad evacuare con successo dall’Afghanistan circa 100 calciatrici, comprese alcune della nazionale con tutti i loro familiari, per metterle al riparo dalle persecuzioni talebane; e ricordiamo la fuga drammatica di Zakia Khudadadi, che è riuscita ad arrivare a Tokyo diventando la prima atleta afgana a competere alle Paralimpiadi.

Il dramma delle atlete afgane e di tutte le donne e gli uomini di questa nazione, inermi ed innocenti, vittime di persecuzioni religiose e politiche, è sotto gli occhi di tutto il mondo, che assiste troppo silenzioso.

Noi riteniamo di dover urlare il nostro sdegno e ribadire la nostra solidarietà al mondo afgano: Mahjabin Hakimi, nessuno spegnerà mai il tuo sorriso, la pallavolo non ti dimenticherà.

Noi vogliamo ricordarti così.

Riposa in pace.

[ Flavio D’Annunzio ]